martedì 8 novembre 2011

La pineda delle 5 terre



L’aria calda aspira dal profondo del corpo gocce di sudore e sale. Il sole si alza puntando lo zenit. Declino al mare - attraverso antichi sentieri che hanno visto al lavoro pescatori e contadini insieme. Attraverso filari d'uva nascosti alla tramontana da muri di pietre e precipito al mare che brilla e luccica in basso. Il mare blu profondo muta il colore in  bianche rughe di spuma. Mi calo nella verticale del paesaggio e il profilo della costa diviene netto confine tra terra e mare. Resto sospeso in un mondo popolato di ombre. Con il passare delle ore -  il sole illumina frontalmente le baie in un chiarore privo di precisi contorni. Tutto diviene braciere vulcanico. Una terra di corpi disperati che lenti si immergono gangeticamente - in un mare quasi tiepido - alla ricerca di sollievo e fresche memorie. Terra che vede il mare divorare scogliere - diroccare muri di sostegno - aprire varchi e grotte nell'epidermide calcarea di un mastodonte addormentato. La costa - sale repentina dal dorso dell'animale roccioso - complicandosi in verdi macchie e ravaneti – vecchie terrazze coltivate e piccole chiese. E il mare si perde oltre le sagome danzanti dei miraggi d’isole toscane. I paesi della costa osservano la linea d’orizzonte arroccati su speroni di roccia. Polene di case colorate - prore di navi che vigilano e attendono il sole compiere il proprio destino. Arriva la sera - è tempo che i gabbiani riprendano possesso dei territori balneari - con un suono prolungato di rimprovero e nervosi voli concentrici. Questa è parte della mia terra - dura e affascinante - profumata d'erbe mediterranee e salmastro.


La Spezia Agosto 1997.





Oggi piango per la rovina di fango e acqua...

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