venerdì 11 novembre 2011


Fughe.
Partenze.
Rimpatri forzati.
Viaggi di nozze.

Odoro i popoli migranti; fragranze e profumi si mescolano in un   aroma adatto all’arte culinaria di un cuoco universale. Il pesto genovese si unisce al glicine, il patchuly al dopobarba dozzinale, la lavanda del Col di Nava al profumo d’ambra.
Ascolto i passi del popolo migrante scalpitare per mutamenti di percorso, improvvisamente incespicano nella moquette dell’aeroporto. Al suono di dialetti e lingue diverse, le gambe stanche accennano passi di danza per riacquistare l’equilibrio.
Osservo telefoni cellulari e corni portafortuna di plastica rossa. Madonnine d’oro e bip elettronici, abiti felpati e sari leggerissimi. Ambienti futuribili e terribili zoppie.

Origini smarrite nel frullatore dello spazio migrante in movimento.










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