martedì 15 maggio 2018


PAZZO - ZINGARESCO - ONIRICO



Se i miei soldati cominciassero a pensare
nessuno rimarrebbe nelle mie file
(Federico II, Re di Prussia)

G8  GENOVA - PER TUTTI NOI




OGNI GIORNO ALTRE STORIE DAL MONDO


POVERI NOI...A CRIS & ANDREA...COME VI CAPISCO

lunedì 14 maggio 2018


SOTTOSCRIVO APPELLO DI PANZERI


Non è solo una provocazione inutile, ma persino una chiara violazione del diritto internazionale.

La decisione manifestata dal presidente Donald Trump di spostare l'ambasciata statunitenseda da Tel Aviv a Gerusalemme, e il conseguente riconoscimento della città tre volte santa come capitale israeliana, ha provocato un terremoto di reazioni non solo da parte del Medio Oriente, ma anche dall'Europa, con messaggi preoccupati diffusi da molti capi di Stato e primi ministri.

La scelta di Trump appare paradossale innanzitutto perché infrange il diritto internazionale secondo cui lo statuto di Gerusalemme dovrebbe essere regolato soltanto attraverso trattative. Inoltre, gli Usa sarebbero il primo Stato a riconoscere Gerusalemme come capitale israeliana, una mossa totalmente contraria al principio "due Stati due popoli" promosso dalla comunità internazionale per stabilire un equilibrio nella regione.

La provocazione, invece, si percepisce dal simbolo rappresentato dalla ambasciata statunitense: sono sessant'anni che Israele ha dichiarato Gerusalemme come propria capitale, eppure tutte le ambasciate hanno sempre operato a Tel Aviv, in accordo con le numerose risoluzioni Onu a riguardo.

La dichiarazione azzardata di Trump non fa che agitare ulteriormente una delle situazioni più complesse e delicate del panorama geopolitico, ponendo nuovi ostacoli alla tanto agognata pace tra Palestina e Israele, una situazione in cui gli Stati Uniti dimostrano un totale fallimento nel loro supposto ruolo da mediatore. L'amministrazione Trump, infatti, ha invece voluto dimostrare, ancora una volta, di essere in grado di mantenere le promesse, tra cui quella di spostare l'ambasciata israeliana, con cui ha conquistato il suo elettorato nel corso della campagna elettorale.

La crisi che potrebbe scaturire non sarà solo diplomatica, ma anche sociale, soprattutto tra le strade palestinesi, dove sono già in fermento manifestazioni e proteste per difendere Gerusalemme e tutto ciò che rappresenta dal punto di vista identitario e culturale.

Il rischio è altissimo e il prezzo da pagare per questo folle "trasloco" non ricadrà esclusivamente sulle spalle della Palestina o del Medio Oriente, ma di tutto il mondo, infrangendo il già fragile equilibrio della regione in cui molti Paesi hanno interessi. È necessario che l'Unione europea e l'intera comunità internazionale intervengano per far valere con forza le ragioni della pace in un'area tanto delicata.
BELLA SCOPERTA