mercoledì 18 gennaio 2012


EX UNIONE SOVIETICA




   Nel lamento melodico dei violini dell’est, è riposto in un perfetto incastro il perduto senso della passione. Musicato, forse per il nulla, l’accordo svolazza triste e interseca nell’aria il rumore dei vetri tintinnanti. Lui ascoltava raccontare le tristezze di un  mondo sconosciuto e non appena i suoi occhi si immobilizzavano, il musicista pizzicava come un folle il violino, e l’uomo tornava a sorridere.


A volte così è la fabbrica della vita 
tristemente assorta a costruire.


   Che valore poteva avere non saper dimenticare – si chiese.
La porta si era aperta misteriosamente - in silenzio. Chi stava entrando? Appare l’infanzia in grappoli di odori e suoni, destino - futuro. Quanto rimane nascosto nell’ombra esterna; nel buio della strada le antiche favole dimenticate rabbrividivano dal freddo. La porta si spalanca di fronte alle persone e la tentazione era forte, lui poteva intuire il motivo delle espressioni indecise. La mente riflette, prende tempo. In quel momento la folla aveva una possibilità di scelta. L’avvicinamento è cauto e l’attrazione magnetica incitava al balzo nel dubbio del tempo futuro. Il piede è sulla soglia; l’istinto tenta di prendere il sopravvento sulla ragione, la gente osservava nel buio le fauci di un cielo illuminato al contrario. E’ giunta l’ora - stavano pensando. Non potevano tirarsi indietro; la via era segnata. Non resta che provare, e buona fortuna - Ivan, Alexander, Ivanov e tutti gli altri – pensò.


   Nel bar della Prospettiva Nievskji un giovane russo ubriaco si avvicina e gli mostra il distintivo della campagna militare in Afganistan. L’ebbrezza incontrollata aumenta il tono della sua voce; improvvisamente un agente della milizia gli si para davanti. Inizia un’accalorata discussione che termina con un accenno di rissa. Intervengono altri agenti e avvicinandosi al tavolo gli consigliano gentilmente di lasciare il locale. Fuori fa freddo e tutto lascia pensare che sia esplosa una bomba ai neutroni - non c’è anima viva.





       La speranza è morta e al suo capezzale si stringono nel dolore i tristi ricordi argentei del passato. Russia immensa; viaggiare da una parte all’altra di questa terra significa perdersi per mesi tra gente diversa: capelli biondi, visi scuri, mustacchi, occhi a mandorla. Profumi di spezie fuoriescono dai grattacieli squadrati e severi.

    Nella Piazza Rossa la chiesa multicolore di San Basilio è illuminata da un sole interno - intimo.





   Mockba è una città sonnolenta, pensierosa, rallentata. Un’assemblea di folla è stretta fortemente insieme, è raccolta ad affrontare il possibile colpo di coda di una tempesta incontrollabile. Il maltempo è arrivato. Le persone incappucciate sono immobili di fronte ad un quotidiano in strada e il giornale è spiegazzato dal vento gelido. Mockba bagnata - la pioggia turbina con particelle di piombo congelato.

     La bionda tassista non è in vena di parole. Guida silenziosa, bella e severa guarda distrattamente lo specchietto retrovisore e supera le auto con la freddezza degna di un pilota di formula uno. Memorizzò, anche lui distrattamente, il viale per Gorkj Park, il ponte di Krimea, la Piazza Rossa e il Palazzo del Kremlino. Strade larghissime e severe costruzioni inamovibili scorrono di lato, ingrigite dalle nuvole basse. La stretta di mano decisa allontanerebbe le avance di qualsiasi gigolo da strapazzo. L’apparizione muta lo scarica alla Gostinisa Akademinauk Leninski Prospekt, in una  stanza essenziale e malconcia. Le donne addette al piano sorridono con i loro denti fasciati in oro e offrono caviale rosso e champagne del popolo.

     Città solitaria - smarrita nel cuore della sua enorme creatura. In questa immensa terra la capitale non sente più i battiti del grande corpo e ha perso di vista le terminazioni lontane. 



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