venerdì 7 settembre 2012


Guerra & Pace


Non si era chiesto perché aveva tirato fuori la scheda telefonica dallo scomparto del portafoglio del “non si sa mai”. 

Le idee non nascono sempre in maniera precisa, a volte sono voli di farfalla e non ti accorgi quando si posano sulla pelle, leggere e innocue.

 Non riusciva a capire neppure da dove fosse salita quell’idea, il possibile stravolgimento di quell’istante. Il salto all’indietro.
  




  La cabina del telefono prese la consistenza di una macchina del tempo che illuminata dai neon lo stava aspettando, per condurlo chissà dove, in un viaggio spazio-tempo molto intrigante. 

 Forse l’aiuto preparatorio dei boccali di birra erano riusciti a fargli trovare il coraggio, oppure il coraggio era diventato naturale. Forse la bottiglia di vino francese era la colpevole reale.




 Quasi certamente era l’incapacità, in quel momento, di frenare l’io, il super io, o qualunque cosa con desinenza in io. 
  L’andatura era incerta, cauta ed esaltante nello stesso tempo. 

  Il movimento larvale divenne trotto e galoppo, un moto irrefrenabile senza nulla di inconscio questa volta. Un tentativo di resistenza ci fu ad essere sinceri e aveva chiesto un’altra birra certo che le proprietà diuretiche del liquido gli avrebbero espulso le volontà motorie definitivamente. Ma l’idea definibile come “folle” e inopportuna era sempre lì, seduta invisibilmente al suo fianco. La schiuma non vide il fondo del bicchiere. Il riflesso ambrato rimase immobile a filtrare la luce dei lampioni. Pagò ed uscì.






  L’intenzione si materializzò nel momento di digitare sulla tastiera del telefono il numero dell’elenco abbonati. La risposta metallica registrata non lo riportò nel mondo del dubbio, ma anzi lo spinse ancora di più al desiderio del dialogo. Seppure con un interlocutore virtuale rispose a tono alle interrogazioni elettroniche del robot etereo. 





 Un pensiero balenò improvvisamente – per lei sarà il ritorno dell’ennesimo fantasma. 

 Quando ascoltò la voce reale era troppo tardi.

- Non è possibile - disse la voce dall’altra parte della cornetta. In una casa sconosciuta, di un quartiere sconosciuto, che poteva essere distante un chilometro come cento. 
Non è possibile – fu la sua risposta. 






Restò in silenzio per un attimo, incredulo nel riascoltare la voce che credeva dimenticata, così lontana nel tempo da rischiare di diventare un brusio irriconoscibile. Così pensava, dopo tutti gli anni passati; guerre, stravolgimenti politici, risse, feste, spiagge, viaggi, bottiglie di rosso. Eccola lì quella voce che invece di raggelare lo scioglieva in una felicità senza sorriso. Quanto tempo è passato; la risposta precisa non tardò e lui aggiunse che sembrava impossibile. 





Il tempo per lui era diventato solamente relazione con la vecchiaia, così accade quando si superano i quaranta e non vogliamo ammetterlo ma è metà della vita media. Perché tacere, perché nasconderci all’idea che il tempo transita a una velocità spaventosa e nessuno si permette di arrestarlo.





Per un attimo intravede una ruga. La piega delle labbra gli ricorda improvvisamente un’altra persona lontana nel tempo e lui resta muto a osservarla con calma, dopo un primo momento di puro terrore. Il cuore ha battuto un ritmo fuori tempo, ogni cosa intorno si è fermata, bloccata in quel movimento del collo che ha messo in evidenza una somiglianza perfetta, anche se solo per un attimo.





  Le sensazioni si confondono in un’allucinazione. E se poi tutto fosse vero. E in realtà sono i nostri desideri a far vivere gli altri.

 La prima tentazione fu di fuggire, poi subentrò l’afasia e lo stupore si andò stemperando nella coscienza. La mente ritornava a realizzare il vero, rientrava nella terra con il giusto peso della gravità. Poi un odore di calma piatta e tranquilla. 

  Desiderava di avere entrambe le donne e potersi perdere nel gioco di abbracci molteplici e moltiplicazione dei baci, e cento mani, miliardi di capelli, peli e ciglia, occhi, rumori, gemiti e denti. Amore, riposo, sollecitazioni all’infinito e desiderio d’immortalità.

 Intorno ogni cosa ritornò a essere normale; la ricomposizione della realtà, lo stato primitivo, precedente alla visione, lo trasportò in fondo a un pozzo prosciugato. In quel buco sentì che qualcuno lo stava chiamando, incitandolo a salire e tornare in superficie.




 Il volto gli ricordava la guerra, la fame, forse la rinuncia alla felicità. Tempi passati da anni e anni che credeva sotterrati in profondità, perduti e dimenticati nel fondo di una coscienza che esigeva normalità. Eppure al di fuori c’era ancora la guerra, e lei stava ancora combattendo. Lei non si era arresa e neppure nascosta. 

Era rimasta per anni sulla strada, pronta a bloccare ogni invasione, certa che in quel modo avrebbe trovato, un giorno o l’altro, l’anima cui legarsi indissolubilmente. 




 Arrivarono nemici e granate, cecchini e bombe, ma non si perse di coraggio e continuò ad alzare la testa fiera del suo sogno. Ed ora eccola lì al telefono dopo tanto tempo. La voce scurita dagli anni ma sempre la stessa, perfettamente riconoscibile.  

 Il fumo delle sigarette - disse rammaricandosi.  

 E lui si propose in un complimento naturale rispondendo che quella voce era indimenticabile. Il fantasma era lì. Il ritorno dei ricordi improvvisi, la scatola dell’infanzia; il trenino di legno spezzato e incollato aveva il segno netto della frattura ricomposta. 

 Non si può cancellare, diceva sempre a se stesso, e lui di certo non poteva dimenticare, oltre a non volerlo. Quanto tempo era passato, quanti anni. 

 Come è possibile ripercorrere una vita solo con poche frasi pronunciate da un’illusione rimasta lontano per molto tempo. E se non fosse reale - e tutto questo fosse immaginario. 


La voce rimosse dalla memoria vecchie immagini di se stesso e di lei, ma ricordare gli fece male, non sopportava l’idea di ripercorrere la storia di un uomo dimenticato, perdere la fisionomia, cambiare volto sino a diventare una persona in ritardo. Le parole si confusero alle risate e il suono dilatò a tal punto da trasferirlo d’incanto di fronte a lei. La lei raggiunta di nuovo, lasciata più con il corpo che con la mente. La lei guerriera che non amava mostrare le ferite, nascoste nelle pieghe del corpo, nelle rughe del viso che si sono evidenziate, non a dimostrare vecchiaia ma maturità, la maturità che è diventata esperienza traslucida.   Immersione – slancio - volo radente e artiglio. Una ferita più evidente trasparì ben presto tra la foresta di parole e racconti. Nella palude dei silenzi, solo un dolore più accentuato ed evidente.




La guerra è stata dura 
– chiese lui.

Sai bene quanto è dura la lotta 
– lei gli rispose.



1 commento:

  1. onirico potente, immagini vivide, ritmo ben cadenzato, complimenti

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