giovedì 26 aprile 2012


MOSTAR 1993

I posti di blocco si susseguono uno dopo l’altro e uno di questi potrebbe diventare il nostro capolinea, per il momento il lasciapassare artigianale funziona: due linee di pennarello rosso intersecate in una croce. Le code sono interminabili nelle vicinanze dei ponti bombardati. Il silenzio vince ogni battuta di spirito e le memorie di ciascuno sono congelate nell’attesa; siamo vicini a Mostar. Sopra la città avvertiamo spari in lontananza e penso: “ci siamo”. Lentamente entriamo in città e non vola una mosca tra di noi, chiediamo informazioni per la vecchia scuola che funge da centro di raccolta dei medicinali ed è diventata la sede del Centro Profughi. Attraversiamo strade devastate. La città è mutilata, interi palazzi bruciati e distrutti. Incontriamo i responsabili del centro di raccolta e organizziamo le modalità di distribuzione per ogni entità. E’ un momento difficile. Contornati da bambini tristi e curiosi scarichiamo il camion e nello stesso tempo annusiamo un’aria che sa di fumo, di mafia, di dubbi e deboli certezze. Il tempo di permanenza in città non può essere prolungato per molto tempo, da un momento all’altro tutto può ricominciare e sarebbe impossibile riportare il camion a casa, aspetto non secondario di tutta la situazione. Scherzando ci rendiamo conto che se dovessero spararci alle gomme saremmo costretti ad una lunga passeggiata.

Vecchia città di Mostar. Un bimbo impazzito prende a calci una città di sabbia - costruita in riva ad un fiume. Furioso scalcia – urla - stringe i denti - come gli costasse fatica quel moto di rabbia. Prende un carboncino da terra e lentamente disegna sul viso tratti guerrieri. Alza fiero lo sguardo e piange.


La città vecchia di Mostar è distrutta. Non si è salvata la Moschea e neppure la Basilica. Vicino alle case ancora in piedi la vita continua e dall’interno di bar improvvisati escono musica araba e soldati ubriachi. Le armi sono ostentatamente esibite da uomini in mimetica che gironzolano sfaccendati. Giovani “Rambo” imberbi controllano i nostri documenti. Intorno a noi il paesaggio è fuoriuscito da una tasca rovesciata: macerie, rovine e resti carbonizzati. Soltanto il ponte resta in piedi; sarà minato e abbattuto dopo poco tempo.

In alto -  sul mondo devastato - a monito resta il ponte antico. Un urlo. Un pianto.





MOSTAR 2012


















PIOVE A MOSTAR



IL FIUME NERETVA ARRIVA AL MARE


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