MOSTAR 1993
I
posti di blocco si susseguono uno dopo l’altro e uno di questi potrebbe
diventare il nostro capolinea, per il momento il lasciapassare artigianale
funziona: due linee di pennarello rosso intersecate in una croce. Le code sono
interminabili nelle vicinanze dei ponti bombardati. Il silenzio vince ogni
battuta di spirito e le memorie di ciascuno sono congelate nell’attesa; siamo
vicini a Mostar. Sopra la città avvertiamo spari in lontananza e penso: “ci
siamo”. Lentamente entriamo in città e non vola una mosca tra di noi, chiediamo
informazioni per la vecchia scuola che funge da centro di raccolta dei
medicinali ed è diventata la sede del Centro Profughi. Attraversiamo strade devastate.
La città è mutilata, interi palazzi bruciati e distrutti. Incontriamo i
responsabili del centro di raccolta e organizziamo le modalità di distribuzione
per ogni entità. E’ un momento difficile. Contornati da bambini tristi e
curiosi scarichiamo il camion e nello stesso tempo annusiamo un’aria che sa di
fumo, di mafia, di dubbi e deboli certezze. Il tempo di permanenza in città non
può essere prolungato per molto tempo, da un momento all’altro tutto può
ricominciare e sarebbe impossibile riportare il camion a casa, aspetto non
secondario di tutta la situazione. Scherzando ci rendiamo conto che se
dovessero spararci alle gomme saremmo costretti ad una lunga passeggiata.
Vecchia
città di Mostar. Un bimbo impazzito prende a calci una città di sabbia - costruita
in riva ad un fiume. Furioso scalcia – urla - stringe i denti - come gli
costasse fatica quel moto di rabbia. Prende un carboncino da terra e lentamente
disegna sul viso tratti guerrieri. Alza fiero lo sguardo e piange.
La città
vecchia di Mostar è distrutta. Non si è salvata la Moschea e neppure la
Basilica. Vicino alle case ancora in piedi la vita continua e dall’interno di
bar improvvisati escono musica araba e soldati ubriachi. Le armi sono
ostentatamente esibite da uomini in mimetica che gironzolano sfaccendati.
Giovani “Rambo” imberbi controllano i nostri documenti. Intorno a noi il
paesaggio è fuoriuscito da una tasca rovesciata: macerie, rovine e resti
carbonizzati. Soltanto il ponte resta in piedi; sarà minato e abbattuto dopo
poco tempo.
In alto - sul mondo devastato - a monito resta il ponte
antico. Un urlo. Un pianto.
MOSTAR 2012
PIOVE A MOSTAR
IL FIUME NERETVA ARRIVA AL MARE
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