SPALATO - TRAVNIK
1997-2012
PARTENZE REGOLARI PER LA BOSNIA DAL PORTO DI SPALATO |
Mercato
di Travnik(1997)
Tra
il fango e le mercanzie varie formicolano uomini e donne. Le povere cose
giacciono sopra banchi di assi inchiodate alla meglio, i legni consunti formano
pianali e tettoie del tutto inutili contro la pioggia a stravento. Le impronte
dei passi tra le pozzanghere di neve disciolta, disegnano linee e cerchi, rombi
e intagli sagomati dai tacchi di scarpe sfondate. Passi veloci in un ballo di
umidi allacciamenti casuali, urti e scarti improvvisi. Le persone provenienti
dai villaggi intorno trasportano su carri trainati da cavalli montagne di
legna. Un ragazzo vende una vecchia lavatrice, altri smerciano bottiglie di
plastica con il latte appena munto. La sede locale della Caritas distribuisce
pacchi di aiuti umanitari; scatole di cartone fradicio passano di mano in mano.
Mercato da definirsi quasi d’Oriente se non fosse per la completa mancanza di
esotici profumi, di certo un mercato balcanico: figure tzigane e donne
mussulmane con larghi pantaloni colorati, barbe, baffi e nere giacche di pelle
che hanno visto tempi gloriosi. Aria zingaresca, visi che hanno visto da poco
la guerra e che sicuramente avrebbero tante altre guerre da raccontare. Questa
terra ha visto eserciti turchi, austriaci, francesi, tedeschi, italiani e poi
croati e serbi. Quali pensieri possono rilassare l’atmosfera mi chiedo. Il
mercato all’aperto è situato vicino ad un antico palazzo e un’ala è occupata dalla
Casa dei Rifugiati. Le finestre con i vetri rotti dalle esplosioni e dalle
fucilate, sono stati riparati da ritagli di plastica che porta la scritta
dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite. I tubi di scarico delle stufe
fuoriescono dalle finestre con lievi accenni di fumo, visi di anziani sbirciano
l’esterno con domande seccate sulle labbra, loro sono i meno fortunati, privati
di casa e di terra dove andare. Provo una rabbia interna, rabbia perché è
questo il risultato della guerra: muti spettatori, vite in attesa di chissà che
cosa. E’ sconvolgente vedere quanto le tragedie, alla lunga, sono accettate ed
intorno alla sofferenza si sopravvive, si vive, si arricchiscono le grandi
famiglie e i ladri di vari livelli. Non esistono eroi ma solo vinti, me n’accorgo
sentendo racconti di morte: il migliore amico saltato in aria su di una mina,
un altro colpito da una granata, storie di sangue ed armi, ma soprattutto di
lacrime, rabbia e paura, nessuno racconta quanti avversari ha ucciso,
l’incredulità traspare ad ogni parola. E’ passato solo un anno dalla firma
degli accordi di Dayton e la speranza è che, il più velocemente possibile,
tutto possa riprendere una posizione eretta e ricominciare una nuova vita, ma
la consapevolezza della difficile strada è nota a tutti. - Qualcuno sostiene
che l’Europa vuole anche i bosniaci, per farne che cosa - mi domandano.
Gli
uffici dell’Assistenza Sociale sono celle sature di fumo di sigaretta, gli
sguardi e le occhiate cupe lame di coltelli. I cimiteri mussulmani sorgono ovunque,
vicino al castello turco e nei giardini della città; vita e morte in una
convivenza silenziosa. Le tombe portano date recenti, ricordano l’assedio e
l’isolamento della città che ha combattuto serbi e croati. Le tombe sono poste
in mezzo a lapidi antiche. La neve si scioglie e le ferite di questa terra
divengono sempre più visibili. In questo disgelo resto a osservare, giorno dopo
giorno, il lievitare delle verità.
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LA CASA DEI RIFUGIATI COME SI PRESENTA OGGI... |
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