giovedì 3 maggio 2012

SPALATO - TRAVNIK
1997-2012


PARTENZE REGOLARI PER LA BOSNIA DAL PORTO DI SPALATO






Mercato di Travnik(1997)
Tra il fango e le mercanzie varie formicolano uomini e donne. Le povere cose giacciono sopra banchi di assi inchiodate alla meglio, i legni consunti formano pianali e tettoie del tutto inutili contro la pioggia a stravento. Le impronte dei passi tra le pozzanghere di neve disciolta, disegnano linee e cerchi, rombi e intagli sagomati dai tacchi di scarpe sfondate. Passi veloci in un ballo di umidi allacciamenti casuali, urti e scarti improvvisi. Le persone provenienti dai villaggi intorno trasportano su carri trainati da cavalli montagne di legna. Un ragazzo vende una vecchia lavatrice, altri smerciano bottiglie di plastica con il latte appena munto. La sede locale della Caritas distribuisce pacchi di aiuti umanitari; scatole di cartone fradicio passano di mano in mano. Mercato da definirsi quasi d’Oriente se non fosse per la completa mancanza di esotici profumi, di certo un mercato balcanico: figure tzigane e donne mussulmane con larghi pantaloni colorati, barbe, baffi e nere giacche di pelle che hanno visto tempi gloriosi. Aria zingaresca, visi che hanno visto da poco la guerra e che sicuramente avrebbero tante altre guerre da raccontare. Questa terra ha visto eserciti turchi, austriaci, francesi, tedeschi, italiani e poi croati e serbi. Quali pensieri possono rilassare l’atmosfera mi chiedo. Il mercato all’aperto è situato vicino ad un antico palazzo e un’ala è occupata dalla Casa dei Rifugiati. Le finestre con i vetri rotti dalle esplosioni e dalle fucilate, sono stati riparati da ritagli di plastica che porta la scritta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite. I tubi di scarico delle stufe fuoriescono dalle finestre con lievi accenni di fumo, visi di anziani sbirciano l’esterno con domande seccate sulle labbra, loro sono i meno fortunati, privati di casa e di terra dove andare. Provo una rabbia interna, rabbia perché è questo il risultato della guerra: muti spettatori, vite in attesa di chissà che cosa. E’ sconvolgente vedere quanto le tragedie, alla lunga, sono accettate ed intorno alla sofferenza si sopravvive, si vive, si arricchiscono le grandi famiglie e i ladri di vari livelli. Non esistono eroi ma solo vinti, me n’accorgo sentendo racconti di morte: il migliore amico saltato in aria su di una mina, un altro colpito da una granata, storie di sangue ed armi, ma soprattutto di lacrime, rabbia e paura, nessuno racconta quanti avversari ha ucciso, l’incredulità traspare ad ogni parola. E’ passato solo un anno dalla firma degli accordi di Dayton e la speranza è che, il più velocemente possibile, tutto possa riprendere una posizione eretta e ricominciare una nuova vita, ma la consapevolezza della difficile strada è nota a tutti. - Qualcuno sostiene che l’Europa vuole anche i bosniaci, per farne che cosa - mi domandano.
Gli uffici dell’Assistenza Sociale sono celle sature di fumo di sigaretta, gli sguardi e le occhiate cupe lame di coltelli. I cimiteri mussulmani sorgono ovunque, vicino al castello turco e nei giardini della città; vita e morte in una convivenza silenziosa. Le tombe portano date recenti, ricordano l’assedio e l’isolamento della città che ha combattuto serbi e croati. Le tombe sono poste in mezzo a lapidi antiche. La neve si scioglie e le ferite di questa terra divengono sempre più visibili. In questo disgelo resto a osservare, giorno dopo giorno, il lievitare delle verità.


LA CASA DEI RIFUGIATI COME SI PRESENTA OGGI...

Nessun commento:

Posta un commento