giovedì 19 maggio 2022
RISVEGLI NOTTURNI
Quando perdi la poetica del ricordare forse vale la pena diventare un ricordo.
E siamo di nuovo all’impegno effimero alla fatica che pare valere solo come tale, la sensazione di darsi da fare è condita dagli egoismi personali che tentano di tracciare una linea temporale che possa avere un punto finito, dopo il quale ricominciare.
Mi accorgo di non avere un dolore profondo ma solo un gusto amaro che si è insinuato nel palato e a tratti mi soffoca e toglie la gioia di ogni semplice sorriso ancor prima di una sonora risata, e mi accorgo che l’energia scema giorno dopo giorno.
Mi sono perso nell’essere esecutore e non più poeta al cospetto dei dolori.
Quanti anni di serpenti che nel petto sbisciano senza tregua, pensare che un tempo il partire era il modo di spalancare la tana e liberare la cova sibilante.
Mannaggia che fatica aver perso la leggerezza da troppo tempo ed essere arrivato a sentirmi un apostolo smemorato, che cosa ancora posso sperare per la mia genitrice se non la sua decisione di lasciarsi andare e interrompere il dialogo con gli specchi della sua stanza; e indirizza baci a ipotetiche vicine di letto, accompagnati con il saluto delle sue mani artritiche.
Si fatica ad essere genitori ma si fatica spesso anche ad essere figli, e nel dubbio che forse non sentirò la sua mancanza negli anni futuri mi addoloro, anche se nel risveglio notturno mi rendo conto che non posso sapere ora quello che proverò, come non potevo immaginare che sarebbe arrivata a dimenticare il mio nome.
La mente per staccarsi dal reale inventa zattere nei naufragi e baite nella tormenta.
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Un beffardo gusto amaro invece di un serio, rispettabile, dolore. Ottimo testo di introspezione, dove saper capire il proprio naufragio è già un atto tipico di una persona limpidamente onesta; complimenti per la fragranza d'una scrittura autentica, insomma bravo Paolo
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