LA SPUTACI - AREZZO
Lei si chiamava Angiolina Cipollini, ma per tutti quei monelli che nel dopoguerra si divertivano a infastidirla, aspettando la sua reazione colorita, era semplicemente la Sputaci.
Piero Iacomoni: la scultura ricorderà all’aretino le sue radici
Il patron della Monnalisa ci spiega perché è importante preservare il ricordo della Sputaci.
«Penso che qualunque aretino, che abbia avuto più o meno successo nella vita, debba sempre ricordarsi da dove viene, quali sono le sue radici. Tramandare la storia di questa piccola grande donna, che è diventata uno dei volti simbolo dell’Arezzo popolare del Novecento, è uno dei modi per raggiungere lo scopo. L’Angiolina era un’emarginata, aveva un modo scurrile di parlare, forse nessuno le ha mai detto una buona parola, tuttavia era parte integrante della città, aveva nel carattere burbero ma schietto e ironico la quintessenza dell’aretinità. In fondo, quando morì, portò con sé un’intera epoca».